“Un’Amministrazione non concederà mai il condono su immobili abusivi costruiti su aree vincolate, senza il parere dell’Autorità preposta al vincolo e nel caso di abusi edilizi maggiori” (Consiglio di Stato, sentenza 29 novembre 2022, n. 10495)”
Una società, proprietaria di un complesso immobiliare a destinazione produttiva, inserito nel perimetro del Parco regionale della Valle del Lambro, ha realizzato su tale immobile alcune «opere funzionali al miglior godimento del bene produttivo principale in ampliamento di altri corpi di fabbrica esistenti ed in precedenza legittimamente autorizzati dal Comune di Biassono».
Gli interventi, realizzati da tale società in assenza di titoli edilizi, hanno riguardato la creazione di un’abitazione unifamiliare e di un locale ad uso ufficio attraverso la costruzione di una tettoia chiusa e di una tettoia aperta per il deposito di materiali in ampliamento di un altro immobile facente parte del complesso produttivo e, infine, in un servizio igienico in muratura nel cortile.
Con tre separate istanze, la società ha chiesto il condono delle suindicate opere, per le quali aveva già provveduto a versare l’oblazione dovuta. Successivamente, il Comune ha rigettato tali istanze, sostenendo che le opere, a causa del vincolo insistente sull’area, non fossero sanabili.
La società, dopo aver promosso ricorso dinanzi al Tar, il quale è stato rigettato, ha deciso di proporre appello, con il quale ha reiterato la tesi della sanabilità̀ delle opere abusive, pur in presenza di tale vincolo.
L’appellante ha sostenuto che le opere per le quali era stata chiesta la sanatoria non avessero comportato alcun «incremento sostanziale di volumetria e di superficie lorda di pavimento, poiché́ si limitano a trasformare una tettoia chiusa in uno spazio ufficio ed in uno spazio per bilocale residenziale, rimanendo entro la sagoma complessiva dell’edificio, ed in altra parte si limitano a trasformare parzialmente altra tettoia in un servizio igienico»; e che, per di più, il vincolo sull’area non fosse tale da comportare un’inedificabilità̀ assoluta.
In primo luogo, il Consiglio di Stato ha stabilito che il richiamo al vincolo paesaggistico, presente sull’area su cui sono stati realizzati gli abusi edilizi, ha costituito una motivazione sufficiente a fondare i dinieghi di condono impugnati, anche rispetto alle deduzioni difensive presentate in sede di contraddittorio procedimentale.
Infatti, il terzo condono edilizio di cui all’art. 32 del D.L. n. 269 del 2003, prevede un divieto di sanatoria delle opere realizzate su «immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi (…) dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali».
La regola generale ora richiamata stabilisce un’eccezione nell’ipotesi in cui si tratti di vincoli di carattere relativo ex art. 32, comma 1, della Legge n. 47 del 1985, e nel caso in cui gli interventi, qualora siano «conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici», rientrino nelle ipotesi di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 al medesimo D.L. n. 269 del 2003.
Nel caso esaminato dalla sentenza in commento, la società appellante ha realizzato nuovi volumi, attraverso la chiusura di spazi delimitati da una tettoia aperta su un lato, o l’ampliamento di quelli preesistenti. Si tratta nel loro complesso di interventi non riconducibili alle fattispecie rientranti nei cd “abusi minori”, contrastanti con le norme di piano regolatore generale per la zona agricola in cui l’immobile è ubicato, vietanti modifiche della configurazione volumetrica esistente.
Inoltre, nel caso di specie, non si è formato parere favorevole di compatibilità paesaggistica in via tacita: è costante al riguardo l’orientamento giurisprudenziale che esclude la sanatoria in via tacita degli abusi edilizi in area vincolata. L’art. 32, comma 1, legge n. 47/1985, richiamato dall’art. 32, comma 27, del D.L. n. 269/2003, dispone che il condono per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo «è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso».
Di fatti, per abusi commessi su immobili soggetti a vincoli nessuna disposizione di legge ricollega all’inerzia dell’autorità competente la formazione tacita dell’atto consultivo.
Al contrario, l’art. 32, comma 1, qualifica al secondo periodo, l’inerzia dell’autorità preposta al vincolo come un caso di «silenzio-rifiuto», impugnabile dall’interessato, il quale non può dolersi del mancato sollecito dell’amministrazione comunale affinché il parere reso.
In conclusione, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello, confermando la sentenza di primo grado, emessa dal Tar, legittimando il diniego delle istanze di condono formulato dall’Amministrazione Comunale.