Obblighi di buona fede e correttezza per il garantito, pena la liberazione del fideiussore (Cassazione ordinanza n. 32478/19 del 12 dicembre 2019)
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza in epigrafe, che ha accolto la domanda di una società assicuratrice, garante nell’ambito di un contratto di appalto per la ristrutturazione di un immobile.
La società appaltante, garantita da polizza fideiussoria a carico della predetta assicurazione, aveva pagato l’intero compenso per dei lavori di ristrutturazione eseguiti, nonostante, alla consegna, fossero stati riscontrati dei vizi, che l’appaltatrice si era tuttavia impegnata a rimuovere. Poiché detti vizi non furono mai eliminati, l’appaltante aveva deciso di azionare la garanzia fideiussoria. L’assicurazione si era tuttavia rifiutata di pagare, sull’assunto per cui la ditta appaltante (garantita) non avrebbe dovuto corrispondere il saldo finale dei lavori, senza attendere che l’appaltatrice completasse le opere di riparazione a rimozione dei difetti contestati. Detta condotta costituiva, secondo l’assicurazione, un grave inadempimento dei doveri di correttezza e buona fede sanciti dall’art. 1375 c.c., in forza dei quali la società garantita avrebbe dovuto preservare gli interessi del proprio fideiussore. La pretesa, tuttavia, era stata respinta sia in primo che in secondo grado, poiché per Giudici di merito, l’appaltante non aveva esposto l’assicuratrice al rischio di insolvenza del debitore (con conseguente liberazione del fideiussore ex art. 1956 c.c.).
Non così per la Corte di Cassazione che ha accolto la pretesa dell’assicuratrice, evidenziando come l’appaltante aveva scaricato sul fideiussore il rischio della mancata eliminazione dei difetti da parte dell’appaltatrice, nel momento in cui aveva pagato il saldo finale pur a fronte di un inesatto adempimento.
Secondo la corte infatti, stante l’operatività delle clausole di correttezza e buona fede nei rapporti tra garante e garantito, deve negarsi tutela alla parte (l’appaltante) che tali clausole abbia violato e che pretenda di riversare sul garante un pregiudizio che avrebbe potuto facilmente evitare. La condotta del garantito, in conclusione, non è stata idonea a salvaguardare l’interesse del garante, la cui situazione, anzi, ne è risultata aggravata. Ne consegue pertanto la liberazione dell’assicurazione dal proprio obbligo fideiussorio. Così statuendo, la Suprema Corte accoglie il ricorso, rinviando alla Corte d’Appello in diversa composizione.