La riduzione della durata della società per azioni da tempo indeterminato a tempo determinato non è causa di recesso ex lege del socio (Cass. Civ. Sez. I, 24 febbraio 2022, n. 6280)
La controversia, esaminata dalla Cassazione, attiene alla legittimità dell’esercizio del diritto di recesso del socio assente in seguito all’adozione di una delibera da parte dell’assemblea dei soci, con cui è stata approvata la riduzione della durata della società dal 31 dicembre 2100 al 31 dicembre 2040, eliminando la possibilità di recedere ad nutum, consentita al socio nel caso di società per azioni a tempo indeterminato. Il socio ha impugnato la sentenza emessa dalla Corte di Appello, contestando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2437 c.c.
Il socio assente ha sostenuto che la delibera assembleare, riducendo la durata della società per azioni da tempo indeterminato a tempo determinato, abbia comportato l’eliminazione di una o più cause di recesso previste dal comma 2 o dallo statuto e che questa decisione gli abbia attribuito il diritto di recedere dalla società e di ottenere la liquidazione della partecipazione sociale, secondo quanto stabilito dall’art. 2437, 1 comma, c.c.
In particolare, il ricorrente ha posto alla Corte di Cassazione la seguente questione: se l’art. 2437 c.c., 1 comma, lett. e), possa essere applicato a qualsiasi delibera assembleare che abbia l’effetto di introdurre una modifica statutaria tale da impedire al socio di recedere in base a quanto stabilito dalle diposizioni sia normative che statutarie e se quest’ultima sia sufficiente a far sorgere in capo ai soci dissenzienti o assenti il diritto di recedere dalla società; oppure se tale diritto sorga solo nel caso in cui la delibera abbia riguardato le ipotesi di cui all’art. 2437, 2 comma, c.c..
In primo luogo, la Corte ha ricordato che l’art. 2437 c.c., comma 1, lett. e) fa riferimento a due categorie di cause di recesso: quelle necessarie ed ineliminabili statutariamente e quelle disponibili, eliminabili statutariamente, la cui eliminazione attribuisce ai soci un autonomo diritto di recesso. In aggiunta, il 4 comma ha introdotto la possibilità per le società che non fanno ricorso al mercato del capitale del rischio di introdurre, avvalendosi dello statuto, ulteriori cause di recesso.
In risposta al primo periodo del quesito posto dal ricorrente, la Corte ha quindi affermato che, nella fattispecie concreta, non è stata introdotta alcuna ulteriore causa statutaria di recesso; difatti il socio non ha invocato alcuna disposizione statutaria a sostegno del proprio diritto di recesso.
Passando alle cause di recesso di derivazione normativa previste dal secondo comma dell’art. 2437 c.c., la Corte ha osservato che queste prevedono la possibilità per il socio assente o dissenziente di recedere nei soli casi di proroga della durata della società e di introduzione o rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.
Nel caso in esame, la delibera assembleare non ha prorogato la durata della società, al contrario l’ha ridotta, non rendendo possibile l’applicabilità di tale comma, né del terzo comma, il quale fa riferimento unicamente a società per azioni a tempo indeterminato.
In conclusione, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, affermando che la delibera di riduzione della società che comporti il passaggio della durata da tempo indeterminato a tempo determinato non attribuisce al socio assente o dissenziente un autonomo diritto di recesso ex lege alla stregua della disciplina dettata dall’art. 2437 c.c., comma 1, lett. e), poichè tale effetto consegue solo nel caso di eliminazione delle cause di recesso ex lege derogabili e delle ulteriori clausole di recesso specificamente previste dallo statuto, ove consentito, ipotesi che nel caso di specie non ricorrevano.