Il termine triennale di cui all’art. 80, comma 10 bis, D.lgs n. 50 del 2016 decorre dall’accertamento del fatto (Cons. Stato, Sez. IV, sentenza del 7 ottobre 2022 n. 8611)
La società ha promosso ricorso al Tar avverso il provvedimento di annullamento in autotutela dell’aggiudicazione di una gara indetta dal Comune per l’affidamento del servizio di gestione di rifiuti adottato dalla stazione appaltante in quanto, in sede di presentazione dell’offerta, l’affidataria aveva sottaciuto la pendenza, a carico del socio unico, di procedimenti penali per reati comuni ed ambientali, aggravati in concorso, nonché per reati in materia di prevenzione incendi.
Il Tar ha respinto il ricorso, ritenendo irrilevante la circostanza che i fatti costituitivi della causa di esclusione fossero stati commessi oltre tre anni prima dell’indizione della procedura di gara, atteso che il dies a quo del limite triennale, previsto dall’art. 80, comma 10 bis, D.lgs. n. 50 del 2016, è identificabile non nel momento di commissione del fatto rilevante quale “grave illecito professionale” ma in quello della sua formale contestazione, ossia dell’accertamento del fatto stesso.
In seguito, la società affidataria ha proposto appello avverso la sentenza del Tar, sostenendo l’insussistenza di un obbligo dichiarativo a carico della società in ragione del tempo trascorso dei fatti oggetto di procedimenti penali a carico del socio unico della stessa.
Il Consiglio di Stato ha affermato che, in assenza di un accertamento definitivo contenuto in una sentenza o in un provvedimento amministrativo inoppugnabile, per individuare il dies a quo del termine triennale di cui al comma 10 bis dell’art. 80 del D.lgs. n. 50 del 2016 è necessario fare riferimento alla data di accertamento del fatto.
Inoltre, il Collegio ha specificato che, prima dell’accertamento definitivo, la condotta oggetto di procedimento penale, ai fini della valutazione ex art. 80, comma 5, lett. c., del D.lgs. n. 50 del 2016, può continuare a rilevare nella sua dimensione fattuale ed extra-penale anche oltre il limite triennale, se e in quanto abbia formato oggetto di “contestazione in giudizio”, ossia allorquando l’azione penale abbia varcato la soglia processuale di instaurazione del “giudizio” dibattimentale o di una sua forma alternativa per l’emissione di una pronuncia di condanna o di una pronuncia ad essa equiparabile, suscettibile, come tale, di accertare fatti integranti “gravi illeciti professionali”.
Infatti, il Consiglio di Stato ha ribadito che, in sede di gara pubblica, non è indispensabile che i gravi illeciti professionali a supporto della sanzione espulsiva del concorrente ai sensi dell’art. 80, co. 5, lett. c) siano accertati con sentenza, anche se non definitiva, ma è sufficiente che gli stessi siano ricavabili da altri gravi indizi, atteso che l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella disposizione normativa succitata è meramente esemplificativa e la stazione appaltante ha la possibilità di fornirne la dimostrazione con mezzi adeguati (Cons. Stato, sez. V, n. 4240 del 2020 e n. 393 del 2021).
In conclusione, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello e confermato la sentenza impugnata.