Il possesso del requisito di idoneità professionale va ravvisato nell’attività principale effettivamente svolta dall’operatore economico (Cons. Stato, sentenza del 18 luglio 2022, n. 6131)
In seguito all’aggiudicazione da parte di un Rti della gara indetta dal Comune per l’affidamento dei lavori di “riqualificazione e valorizzazione del nucleo antico del Comune”, la seconda classificata ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado, dolendosi del rigetto del motivo relativo al mancato possesso del requisito d’idoneità professionale in capo al Rti aggiudicatario.
In realtà, trattandosi di un raggruppamento temporaneo di imprese verticale, sarebbe stato necessario verificare se le società in esso comprese fossero in possesso del requisito di idoneità professionale in relazione alla porzione dell’oggetto dell’appalto.
Infatti, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, ai fini della dimostrazione della sussistenza del requisito di idoneità professionale, occorre fare riferimento all’attività principale effettivamente svolta, che, da una parte, escluderà tale requisito in caso di attività prevalenti del tutto inconferenti rispetto all’oggetto della gara, dall’altra, sottolineerà l’irrilevanza di “ambiti operativi, presenti nell’oggetto sociale, ove non effettivamente attivati” (Cons. Stato n. 508 del 2021).
Di conseguenza, secondo quanto stabilito dal Consiglio di Stato, l’idoneità professionale va accertata in termini di corrispondenza contenutistica, intesa non “nel senso di una perfetta e assoluta sovrapponibilità tra tutte le singole componenti dei due termini di riferimento”, bensì da “accertare secondo un criterio di rispondenza alla finalità di verifica della richiesta idoneità professionale, in virtù di una considerazione non già atomistica, parcellizzata e frazionata, ma globale e complessiva delle prestazioni dedotte in contratto” (Consiglio di Stato, sez. V, 15 novembre 2019 n. 7846; Cons. St., Sez. III, 8 novembre 2017, n. 5170), e richiede una valutazione in concreto da parte della stazione appaltante (Cons. Stato, V, 3 settembre 2021, n. 6212, che pone chiaramente in risalto come sia “rimessa alla competenza della stazione appaltante accertare la coerenza, in concreto, della descrizione delle attività imprenditoriali esercitate e dell’oggetto sociale, riportate nel certificato camerale, con il requisito di ammissione richiesto dalla lex specialis di gara e con l’oggetto dell’appalto complessivamente considerato”; cfr. anche Id., 20 gennaio 2022, n. 366).
In conclusione, nel caso esaminato dalla sentenza in commento, poichè entrambe le società, facenti parte nel Rti, svolgevano effettivamente le attività presenti nell’oggetto sociale, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello.