Il Consiglio di Stato boccia l’assegnazione della gara Consip a Tim (CdS, sez. V sentenza del 6 maggio 2021 n. 3539)
Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello di Vodafone e ha annullato l’aggiudicazione in favore di Tim della gara Consip LAN 7, per l’affidamento di convenzioni con oggetto la fornitura di prodotti e servizi per la realizzazione, manutenzione e gestione di reti locali per le pubbliche amministrazioni suddivisa in 4 lotti territoriali, per un massimale complessivo pari a euro 190.000.000,00.
La gara si era conclusa nel 2020 con l’aggiudicazione a Tim, mentre Vodafone era risultata seconda in graduatoria. A seguito di ciò, Vodafone aveva fatto ricorso al Tar del Lazio per due motivi principali: il primo relativo alla attribuzione del punteggio per uno dei prodotti offerti da Vodafone e il secondo relativo al comportamento tenuto da Tim nel proporre e, soprattutto, confermare un’offerta contente un prodotto di una società terza, non più in produzione. In altre parole, la tipologia di prodotto “secure e-mail gateway” (SEG) proposta da Tim era uscita di produzione qualche giorno dopo la presentazione dell’offerta senza l’azienda lo comunicasse in sede di gara.
Nel novembre del 2020 il Tar aveva respinto il ricorso di Vodafone che pertanto si è appellata al Consiglio di Stato.
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ha accolto l’appello proposto da Vodafone S.p.A (in proprio e n.q. di mandataria) annullando, di conseguenza, tutti gli atti impugnati e riformando la sentenza di primo grado emessa dal Tar Lazio.
Entrambe le censure mosse dalla ricorrente sono state accolte dal Collegio; a Telecom, che si era aggiudicata tutti i quattro lotti della fornitura è stato contestato di aver inserito nel progetto alcuni servizi, come la gestione di un sistema sicuro di gestione della posta elettronica, che la società aveva però dismesso prima ancora della conclusione della gara.
Il Tar aveva ritenuto di non biasimare questo comportamento e aveva, conseguentemente confermato l’affidamento dei lotti a Tim.
Di diverso avviso, i magistrati di appello hanno stabilito che Tim “confermando la propria offerta quando il prodotto era già stato ritirato dal commercio, ha omesso informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, e, comunque, ha reso una dichiarazione fuorviante suscettibile di influenzare le decisioni sull’esclusione”.
Decisivo, nella motivazione il passaggio che rimanda all’Adunanza Plenaria 16/2020, secondo cui anche in caso di dichiarazione fuorviante o omissiva spetta alla stazione appaltante apprezzare la condotta del concorrente per valutare se sussistano le condizioni per la sua esclusione dalla procedura, ritenendo integrata la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c – bis) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, per essere la dichiarazione in grado di incidere sull’affidabilità ed integrità dell’operatore economico.