Crisi aziendale, bancarotta preferenziale per l’amministratore che non rinuncia al compenso (Corte di cassazione , sezione V, Sentenza 3 gennaio 2020 n. 81)
«Bancarotta preferenziale» per gli amministratori che pur consapevoli dello stato di crisi aziendale, e della presenza di crediti dei dipendenti e di terzi, continuino ad autoliquidarsi regolari compensi per il lavoro svolto (la bancarotta fraudolenta invece scatta a fronte di somme non congrue). Lo ha stabilito la Corte di cassazione, respingendo il ricorso di un padre ed una figlia, rispettivamente presidente e vicepresidente del Cda di una srl, condannati nel 2018 dalla Corte di appello di Trieste.
I pagamenti incriminati riguardavano gli anni 2010 e 2011, mentre l’azienda sarebbe fallita pochi mesi dopo, nella primavera del 2012. Gli amministratori si erano difesi sostenendo che non vi erano state chiare avvisaglie della crisi considerato che ancora nel 2009 il bilancio aveva registrato un attivo. Per i giudici tuttavia la presenza dei decreti ingiuntivi dei creditori e le contestazioni delle stazioni appaltanti non lasciavano dubbi sulla consapevolezza della prossima bancarotta.
Per la Suprema corte, come già rilevato dai giudici di secondo grado, dal giugno 2010 vi erano stati segnali di crisi «e, ciò nonostante, pur consapevoli che vi fossero altri crediti verso dipendenti non soddisfatti e crediti anche privilegiati verso terzi da soddisfare», gli imputati avevano «continuato ad attribuirsi somme a titolo di compenso senza che questo avesse alcuna valenza nell’ottica della salvaguardia dell’attività azienda».
Dunque, prosegue la decisione, «essi avevano accettato il rischio di compromissione delle ragioni degli altri creditori» scegliendo di «privilegiare la propria posizione creditoria a discapito di quella degli altri». «Quanto alla consapevolezza della crisi – conclude la decisione -, l’asserzione dei ricorrenti secondo la quale essa non sarebbe stata percepibile dagli amministratori costituisce un’affermazione che non trova riscontro negli accertamenti svolti e niente lascia presumere che le due figure gestorie non si fossero rese conto dell’esistenza di evidenti problematiche aziendali, risultanti dai dati obiettivi resi noti dal curatore».