Assegno di mantenimento, all’Adunanza plenaria il libero accesso ai dati finanziari dell’ex (Consiglio di Stato – Sez. IV – Ordinanza di rimessione all’Adunanza plenaria – 4 febbraio 2020, n. 888)
In un procedimento per la quantificazione dell’assegno di mantenimento, il partner può accedere liberamente ai dati reddituali e finanziari dell’ex coniuge, detenuti dalla Agenzia delle Entrate, oppure deve attendere un’apposita autorizzazione da parte del Tribunale? La questione, oggetto di indirizzi oscillanti, è stata rimessa dalla IV Sezione del Consiglio di Stato, con l’ordinanza in epigrafe, all’Adunanza plenaria che dovrà dunque dirimerla una volta per tutte.
L’ordinanza origina da una situazione particolare: Un genitore con un figlio minorenne per dimostrare, nel giudizio davanti al Tribunale dei minorenni, la situazione reddituale e patrimoniale dell’ex convivente aveva chiesto all’Agenzia delle Entrate copia della dichiarazione dei redditi degli ultimi tre anni; dei contratti di locazione di beni immobili a terzi; delle comunicazioni inviate dagli operatori finanziari all’Anagrafe tributaria; nonché di «tutta la ulteriore documentazione fiscale, reddituale e patrimoniale riconducibile all’ex convivente». Le Entrate gli hanno concesso l’accesso alla certificazione dei redditi ma, in assenza di una «istanza autorizzata dal Tribunale competente», gli hanno negato il resto della documentazione. Proposto ricorso, il Tar Campania, lo ha accolto con riguardo ai «documenti di natura finanziaria». Contro questa decisione ha proposto ricorso il Fisco sostenendo che l’accesso ai dati finanziari contenuti nell’Archivio dell’Anagrafe tributaria non andava accordato in assenza di autorizzazione giudiziale.
Se fosse accolta la tesi secondo cui l’accesso ai documenti amministrativi (ai sensi dell’art. 22 legge 241/1990) sia esercitabile indipendentemente dalle forme di acquisizione probatoria previste dalle norme processuali civilistiche – spiega il Collegio -, ciò equivarrebbe ad affermare che: il diritto di accesso ex lege n. 241/1990 potrebbe essere esercitato prima ed indipendentemente dal fatto che il giudice lo autorizzi. E potrebbe essere esercitato anche quando il giudice del procedimento civile non abbia disposto il deposito della documentazione o non abbia autorizzato le istanze istruttorie. Prevalendo la tesi opposta invece il privato dovrebbe sempre rimettersi all’esercizio dei poteri istruttori del giudice civile.
Così ricostruito il quadro, la Sezione richiama alcuni precedenti che propendono per la prima tesi. In particolare, secondo questo filone giurisprudenziale, in tal modo si potrebbero conoscere in anticipo le informazioni utili alla difesa dei propri interessi; acquisire le informazioni senza dispiegamento della forza pubblica; non gravare eccessivamente l’Amministrazione finanziaria, grazie all’eventuale autonomo accesso telematico alle banche dati; o comunque impegnare l’Agenzia delle Entrate – che è l’ente depositario degli atti – e non la polizia fiscale e tributaria, deputata allo svolgimento di altre funzioni istituzionali.
Il massimo consesso dovrà dunque dirimere le seguenti questioni: «a) se i documenti reddituali (le dichiarazioni dei redditi e le certificazioni reddituali), patrimoniali (i contratti di locazione immobiliare a terzi) e finanziari (gli atti, i dati e le informazioni contenuti nell’Archivio dell’Anagrafe tributaria e le comunicazioni provenienti dagli operatori finanziari) siano qualificabili quali documenti e atti accessibili ai sensi degli artt. 22 e ss., l. n. 241 del 1990; b) in caso positivo, quali siano i rapporti tra la disciplina generale riguardante l’accesso agli atti amministrativi e le norme processuali civilistiche previste per l’acquisizione dei documenti amministrativi al processo; c) in particolare, se il diritto di accesso ai documenti amministrativi sia esercitabile indipendentemente dalle forme di acquisizione probatoria previste dalle menzionate norme processuali civilistiche, o anche – eventualmente- concorrendo con le stesse; d) ovvero se – all’opposto – la previsione da parte dell’ordinamento di determinati metodi di acquisizione, in funzione probatoria di documenti detenuti dalla Pubblica Amministrazione, escluda o precluda l’azionabilità del rimedio dell’accesso ai medesimi secondo la disciplina generale di cui alla l. n. 241 del 1990; e) nell’ipotesi in cui si riconosca l’accessibilità agli atti detenuti dall’Agenzia delle Entrate, in quali modalità va consentito l’accesso, e cioè se nella forma della sola visione, ovvero anche in quella dell’estrazione della copia, ovvero ancora per via telematica».