Specifiche tecniche e clausola di equivalenza (TAR Toscana, Firenze, Sez. III, 22 marzo 2021, n. 417)
Una stazione appaltante avviava un sistema dinamico di acquisizione per l’affidamento della fornitura di materiali di consumo destinati ad apparecchiature sanitarie di proprietà delle aziende sanitarie e ospedaliero-universitarie. La legge di gara indicava il produttore delle apparecchiature sanitarie, prescriveva la compatibilità delle attrezzature oggetto della gara con le apparecchiature in possesso della stazione appaltante e faceva salvo il principio di equivalenza.
Una delle società invitate a partecipare alla procedura impugnava gli atti di gara asserendo l’impossibilità di formulare offerta da parte di qualsiasi operatore economico diverso dal produttore delle apparecchiature e dei materiali di ricambio. In altri termini, secondo il ricorrente, la richiesta di compatibilità avrebbe reso del tutto inefficace il principio di equivalenza, che avrebbe potuto essere garantito solo consentendo la formulazione di offerte di dispositivi equivalenti, accompagnata dall’offerta in comodato d’uso delle apparecchiature sulle quali utilizzare detti dispositivi.
Secondo il ricorrente la situazione di cd. lock-in determinata dalla stazione appaltante sarebbe illegittima perché in contrasto con i principi del favor partecipationis e della par condicio.
La sentenza afferma che la determinazione dell’oggetto degli appalti e la composizione dei lotti sono guidate dai fabbisogni della stazione appaltante, secondo una valutazione discrezionale che si connota per un’ampia componente di merito amministrativo. Posta tale premessa, la menzione di un determinato produttore ad opera della lex specialis è consentita dall’art. 68 d.lgs. n. 50 del 2016, se funzionale a circoscrivere in maniera precisa e intelligibile l’oggetto dell’appalto, purché sia fatto salvo il principio di equivalenza.
Nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto che l’equivalenza garantita dalla legge di gara non configurasse una mera clausola di stile perché sul mercato avrebbero potuto essere presenti operatori diversi dal produttore in grado di formulare un’offerta, come produttori indipendenti di ricambi compatibili, concessionari o importatori di componentistica del produttore. Peraltro – sottolinea il Collegio – la scelta di indire una gara indicava la volontà della stazione appaltante di non considerare infungibili i dispositivi oggetto della fornitura, altrimenti avrebbe potuto fruire della procedura negoziata senza bando a norma dell’art. 63 comma 2 lett. b) n. 2) del d.lgs. n. 50/2016.
Da ultimo, la sentenza non manca di rilevare che se un vizio vi è stato, nelle scelte operate dalla stazione appaltante, questo risale all’epoca dell’acquisto degli apparecchi “di base” e alla mancata considerazione, all’epoca, degli eventuali problemi di aftermarket. La situazione che ne è conseguita, e che impone l’acquisto di ricambi compatibili con le attrezzature di uno specifico marchio, riposa su quella scelta oramai inoppugnabile, con la conseguenza che deve escludersi la configurabilità di un obbligo di procedere prima del tempo alla sostituzione di apparecchiature ancora funzionanti per consentire il confronto concorrenziale sull’acquisto delle relative parti di ricambio, deponendo in contrario i principi di ragionevolezza, economicità, proporzionalità e adeguatezza dell’azione amministrativa.