Revoca degli atti della procedura di gara e risarcimento del danno (Cons. St., Sez. V, 9 aprile 2020, n. 2335)
L’impresa ricorrente, partecipante a una procedura di project financing per l’ottimizzazione del sistema fognario e depurativo comunale, impugnava il provvedimento con cui il Commissario straordinario, succeduto al Comune, aveva revocato la gara, domandando altresì il risarcimento del danno. Il giudice primo grado respingeva il ricorso affermando la legittimità della revoca degli atti di gara. L’impresa proponeva appello al Consiglio di Stato.
Preliminarmente il Collegio ha ricordato che la legittimità della revoca non necessariamente esclude la lesione dell’affidamento della parte privata (rilevante in termini di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c, pacificamente operante anche nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione).
Successivamente il CdS ha chiarito che occorre tuttavia distinguere diverse ipotesi: (i) revoca giustificata da “sopravvenuti motivi di pubblico interesse”: c.d. sopravvenienza di diritto, (ii) l’ipotesi del “mutamento della situazione di fatto”: c.d. sopravvenienza di fatto, (iii) l’ipotesi di “nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”: c.d. jus poenitendi.
Mentre nella prima e nella seconda ipotesi può sorgere, nel caso di revoca illegittima, il diritto al risarcimento del danno integrale (comprensivo dell’interesse positivo), spettando altrimenti, in caso di revoca legittima, il mero indennizzo, nell’ipotesi di revoca penitenziale legittima, il risarcimento del danno precontrattuale spetta, nei limiti dell’interesse negativo, se la stessa è assunta operando in modo “scorretto (tipicamente, per inadeguato apprezzamento dei presupposti di fatto e di diritto a base del provvedimento impugnato”). Il risarcimento integrale del danno è invece configurabile in caso di revoca penitenziale illegittima.
Tutto ciò considerato, il Collegio ha respinto l’appello ritenendo che, nella specie, si trattasse di una revoca penitenziale “giustificata da un ripensamento in ordine alla miglior corrispondenza all’interesse pubblico delle modalità originariamente prescelte”. Tale ripensamento, peraltro determinato da circostanze sopravvenute, date essenzialmente dall’intervento della Corte di Giustizia (che ha definitivamente accertato l’infrazione dello Stato italiano in merito all’adeguamento del sistema depurativo e fognario di alcuni Comuni italiani agli articoli 3, 4 e 10 della Direttiva 91/271/CEE) e della, conseguente, immediata nomina di un Commissario straordinario ai fini di una più tempestiva e congrua attuazione di tale pronuncia.
Tali circostanze evidenziano che il Commissario, succeduto al Comune, non ha violato le regole di correttezza “essendosi immediatamente attivato ai fini di una migliore organizzazione dei tempi e delle risorse destinate al superamento della situazione per la quale era stata attivata la procedura di infrazione in danno dello Stato Italiano”.