Patto di non concorrenza: violato con l’acquisto di altro immobile per conseguire stesso oggetto sociale (Corte di cassazione – Sezione I civile – Ordinanza 4 febbraio 2020 n. 2551)
Il patto di non concorrenza si deve intendere violato con l’acquisto di altro immobile per conseguire lo stesso oggetto sociale. Questo il principio espresso dalla Cassazione. A tal proposito i Supremi giudici hanno chiarito quando si possa parlare di concorrenza sleale. In particolare la Corte, con l’ordinanza n. 2551/20, ha chiarito che integrano atti di concorrenza sleale non solo gli iniziali atti di gestione di un’attività economica concorrente (purchè non meramente preparatori), ma anche soltanto la costituzione di una società avente lo stesso oggetto sociale o un soggetto interferente.
La Corte d’appello di Napoli ha rigettato l’impugnazione proposta da un soggetto avverso l’ordinanza ex articolo 702 ter cpc emessa dal Tribunale di Benevento con cui l’appellante era stato condannato al pagamento della somma di 450mila euro per aver violato il patto di non concorrenza.
Si legge nella decisone che « il ricorrente non poteva contestare che la stipula di un contratto di locazione di un immobile destinato a esercizio commerciale rientrasse tra gli atti di gestione idonei a integrare un effettivo esercizio di un’attività in concorrenza, non potendo avere la locazione di un immobile destinato a esercizio commerciale altra finalità se non la prospettiva della produzione e/o scambio di beni e servizi, e costituisce quindi un atto idoneo a consentire alla società di conseguire il proprio oggetto sociale che nel caso di specie, tuttavia, era identico a quello della società concorrente».
I Supremi giudici, ribadendo che in sede di legittimità non è possibile riesaminare i fatti nel merito, hanno rigettato l’appello riscontrando il reato di concorrenza sleale.