L’Adunanza Plenaria sul criterio della vicinitas ai fini dell’impugnazione dei titoli edilizi (Adunanza Plenaria n. 22 del 9 dicembre 2021)
Con la sentenza in oggetto, nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, l’Alto consesso, ha riaffermato la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione e sottolineato la necessità che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi. Di conseguenza, non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato.
Secondo l’AP, l’interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso. L’interesse al ricorso è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo, laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o la questione rilevata d’ufficio dal giudicante, nel rispetto dell’art. 73, comma 3, c.p.a.
In punto di fatto è emerso che nelle cause in cui si lamenti l’illegittimità del titolo autorizzatorio edilizio per contrasto con le norme sulle distanze tra le costruzioni imposte da leggi, regolamenti o strumenti urbanistici, non solo la violazione della distanza legale con l’immobile confinante con quello del ricorrente, ma anche quella tra detto immobile e una terza costruzione può essere rilevante ai fini dell’accertamento dell’interesse al ricorso. Questo vale, tutte le volte in cui da tale violazione possa discendere con l’annullamento del titolo edilizio un effetto di ripristino concretamente utile, per il ricorrente, e non meramente emulativo.