L’Adunanza plenaria dà il via libera all’applicazione dell’accesso civico generalizzato alla materia dei contratti pubblici (Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 10)
Con l’ordinanza n. 8501 del 16 dicembre 2019 la III Sezione del Consiglio di Stato, dopo aver ripercorso gli argomenti dei due contrapposti orientamenti, ha deferito all’esame dell’Adunanza Plenaria la questione se “la disciplina dell’accesso civico generalizzato di cui al d.lgs. n. 33/2013, come modificato dal d.lvo n. 97/2016, sia applicabile, in tutto o in parte, in relazione ai documenti relativi alle attività delle amministrazioni disciplinate dal codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di inerenti al procedimento di evidenza pubblica e alla successiva fase esecutiva, ferme restando le limitazioni ed esclusioni oggettive previste dallo stesso codice”.
Il tema è dibattuto e sin dalle prime pronunce sui c.d. limiti assoluti all’accesso civico generalizzato, la giurisprudenza si è divisa sulla questione dell’applicabilità della nuova forma di accesso alla materia dei contratti pubblici. Come noto, questa è soggetta alla disciplina speciale di cui all’art. 53 del d.lgs. 50/2016, caratterizzata da particolari limiti soggettivi e oggettivi all’accesso.
La scarsa linearità del quadro normativo, ha posto il dubbio se l’art. 53 del codice dei contratti, nella parte in cui prevede che l’accesso alle procedure di gara soggiace alla disciplina dell’accesso documentale di cui alla l. n. 241/1990, possa condurre all’esclusione dell’accesso civico generalizzato ai sensi dell’art. 5-bis, co. 3 del d.lgs. n. 33/2013, secondo il quale tale accesso è escluso, tra l’altro, nei casi in cui tale prerogativa è subordinata dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità e limiti.
Con il provvedimento in commento l’Adunanza Plenaria ha risolto il contrasto statuendo che l’accesso civico generalizzato deve trovare applicazione anche alla materia dei contratti pubblici, e ciò sulla base di argomenti di carattere letterale, teleologico e sistematico.
Premesso che i limiti all’accesso devono essere interpretati restrittivamente, la sentenza ha chiarito che l’art. 5-bis, co. 3 del decreto trasparenza non può essere inteso nel senso di esentare dall’accesso generalizzato interi ambiti di materie per il sol fatto che esse prevedano limiti o condizioni, comprese quelle regolate dalla l. n. 241 del 1990. Piuttosto, la disposizione si limita a rammentare che vi sono specifici “casi” preclusivi l’accessibilità generalizzata, in ragione della tipologia di documento o della particolare sensibilità dell’interesse protetto.
Muovendo da tale impostazione, si deve ritenere che nella materia dei contratti pubblici l’art.53 prevede casi di esclusione assoluta nella parte in cui limita l’accesso sotto il profilo temporale e contenutistico, rispettivamente al comma 2 e comma 5; questi limiti, non possono essere superati ricorrendo strumentalmente all’istituto dell’accesso civico generalizzato.
Tuttavia, questi casi di esclusione assoluta non possono comportare ex se l’esclusione dell’intera materia dall’applicazione dell’accesso civico generalizzato, che riacquista la sua naturale vis expansiva una volta venute meno le ragioni che giustificano siffatti limiti.
Occorre del resto osservare, continua la sentenza, che, in termini più generali, il rapporto tra accesso documentale e accesso civico generalizzato e, a sua volta, il rapporto tra queste due disciplinegenerali e quelle settoriali non può essere letto unicamente e astrattamente, secondo un criterio di specialità e, dunque, di esclusione reciproca, ma secondo un canone ermeneutico di completamento/inclusione, in quanto la logica di fondo sottesa alla reazione tra le discipline non è quella della separazione, ma quella dell’integrazione dei diversi regimi. Conseguentemente, non è più possibile affermare che l’accesso agli atti di gara costituisca un microcosmo normativo compiuto e chiuso, ma, al contrario, si deve ritenere che l’accesso civico generalizzato operi di diritto, senza che sia necessaria nel nostro ordinamento una specifica disposizione di legge che ne autorizzi l’operatività anche in specifiche materie, come quella dei contratti pubblici. In altri termini, non è l’accesso generalizzato degli atti a dover essere, ogni volta, ammesso dalla legge, ma sono semmai le sue eccezioni a dovere rinvenire un preciso, tassativo, fondamento nella legge.
In aggiunta, l’Adunanza Plenaria ha osservato che, da un punto di vista sistematico, nella materia dei contratti pubblici le esigenze di accesso generalizzato, assumono, a ben vedere, una particolare e più pregnante connotazione, costituendo la «fisiologica conseguenza» dell’evidenza pubblica, perché ciò che è pubblicamente evidente, per definizione, deve anche essere pubblicamente conoscibile, salvi, ovviamente, i limiti di legge. Senza contare che, in tale settore, la trasparenza intesa come controllo diffuso della collettività sull’azione amministrativa è particolarmente avvertita in ragione dei fenomeni di cattiva amministrazione e corruzione, che spesso si annidano anche nella fase esecutiva dei rapporti.
In estrema sintesi, il complessivo sistema delle regole di evidenza pubblica consente di affermare che l’accesso civico generalizzato non solo sia consentito in questa materia ma sia doveroso perché connaturato all’essenza stessa dell’attività contrattuale pubblica e perché esso operi, in funzione della c.d. trasparenza reattiva, soprattutto in relazione a quegli atti rispetto ai quali non vigono i pur numerosi obblighi di pubblicazione.
Conclusivamente, sulla base delle riportate argomentazioni, l’Adunanza Plenaria ha affermato il principio di diritto per cui la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del co. 3 dell’art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013 in combinato disposto con l’art. 53 e con le previsioni della l. n. 241 del 1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, pur restando ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, co. 1 e 2.