La stazione appaltante, nell’esercizio della sua discrezionalità, può apprezzare autonomamente le pregresse vicende professionali dell’operatore economico, anche se non hanno dato luogo a provvedimenti di condanne penali (Cons. Stato, sentenza 8 settembre 2022, n. 7823)
Una società si è aggiudicata una procedura ad evidenza pubblica finalizzata all’affidamento dell’appalto di servizi a richiesta, a quantità indeterminata, di manutenzione e assistenza tecnica sui motori.
Successivamente, l’Amministratore Unico di tale società è stato raggiunto da una richiesta di rinvio a giudizio per il reato di cui all’art. 353 c.p. e la stazione appaltante, dopo esserne stata messa al corrente dalla società, ha annullato l’aggiudicazione.
Tale provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione è stato impugnato dalla società dinanzi al Tar, il quale ha rigettato il ricorso con sentenza, avverso la quale la società ha proposto appello, sostenendo che l’Amministrazione avrebbe basato la propria decisione, senza motivarla adeguatamente, solo su un’ipotetica condotta di reato.
Secondo la costante giurisprudenza del giudice amministrativo, nelle gare pubbliche il giudizio su gravi illeciti professionali è espressione di ampia discrezionalità da parte dell’Amministrazione, cui il legislatore ha voluto riconoscere un ampio margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell’affidabilità dell’appaltatore. Di conseguenza, il sindacato che il giudice amministrativo è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve mantenersi sul piano della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta e non può, invece, evidenziare una mera non condivisibilità della valutazione (Cons. Stato, sentenza 27 ottobre 2021 n. 7223).
Nel caso esaminato da tale sentenza, l’Amministrazione ha ritenuto che quella situazione fosse in grado di incrinare l’integrità dell’operatore economico ai fini della specifica procedura di gara.
In realtà, il provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione dell’Amministrazione possiede una motivazione molto ampia, tale da permettere di ricostruire l’iter logico-giuridico che ne ha giustificato l’adozione.
Per tale ragione, il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello, confermando la sentenza di primo grado, emessa dal Tar.