Identità del legale rappresentante come abuso di posizione giuridica soggettiva: la pronuncia del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. V, 22 febbraio 2021, n. 1518)
Un Comune ha indetto una procedura di gara per l’affidamento di lavori per la realizzazione di immobili da adibire a laboratori e/o aree attrezzate per piccole iniziative imprenditoriali da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta più vantaggiosa. All’esito dell’aggiudicazione, la società seconda in graduatoria chiedeva alla stazione appaltante di disporre in autotutela l’esclusione dell’aggiudicataria dalla gara. L’istante era motivata sulla base di una presunta violazione della disposizione contenuta nell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016. La violazione si sarebbe concretizzata nella mancata segnalazione della circostanza che il legale rappresentante e direttore tecnico della società fosse il medesimo legale rappresentante e direttore tecnico di una terza impresa, nei cui confronti la SA aveva proceduto a risoluzione di un precedente appalto per gravi inadempienze nell’esecuzione dello stesso. L’istanza veniva accolta dall’Amministrazione che annullava l’aggiudicazione e aggiudicava alla seconda classificata. La stazione appaltante ha ritenuto sussistere nel caso di specie un grave illecito professionale in capo all’aggiudicataria iniziale, imputabile al legale rappresentante, in virtù dell’identità di tale figura per entrambe le società.
L’originale aggiudicataria, impugnando l’istanza di fronte al TAR della Calabria, vedeva respingere il ricorso sulla base di un asserito abuso di posizioni giuridiche, dato dalla presenza di un unico centro di imputazione degli interessi per entrambe le società, rilevato dal Giudice di prime cure nell’identità della persona del legale rappresentante.
Il TAR ha dapprima chiarito il concetto di abuso di personalità giuridica, indicando come la distinzione tra imprenditore individuale e società con personalità giuridica trovi un limite nei casi in cui sia dimostrabile che lo schermo societario sia stato utilizzato al fine precipuo di eludere l’applicazione dei requisiti di partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica. Sulla scorta di questo chiarimento ha constatato che l’identità della figura del legale rappresentante, unito ad ulteriori elementi di fatto, quali una serie di contratti di affitto e cessione di azienda tra le due società, fossero sufficienti a ritenere la sussistenza di un unico centro di imputazione degli interessi. La sostanziale continuità nella nuova gestione imprenditoriale delle due società veniva così individuata come un elemento di rilievo per l’applicazione della causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016.
La soccombente in primo grado appellava la sentenza, deducendo che la motivazione del provvedimento di annullamento era diversa da quella contenuta nella sentenza di primo grado (abuso di personalità giuridica) e che entrambe erano in contrasto con la tassatività delle cause di esclusione, da intendersi come applicabili unicamente all’operatore economico che partecipa alla gara o ad un suo subappaltatore, così come indicato dallo stesso art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016.
Il Consiglio di Stato, nell’individuare l’elemento fondante della decisione del Giudice di primo grado nell’identità del legale rappresentante delle due Imprese, e nella conseguente possibilità di riverberare sull’Impresa aggiudicatrice le conseguenze giuridiche delle inadempienze della prima all’interno di un precedente contratto con la pubblica amministrazione, ha preliminarmente rilevato come la disposizione contenuta nell’art. 80, comma 5 lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 dovesse essere interpretata in maniera restrittiva, in quanto limitativa del più ampio principio di “libera partecipazione alle gare”.
Sulla base di tale premessa, il Giudice di appello ha specificato il significato del termine “operatore economico”, contenuto nella stessa disposizione, evidenziando che, conformemente alle ipotesi di cui ai commi 1 e 3 del medesimo articolo che prevedono specifiche ipotesi di esclusione dalla procedura per fatti imputabili al titolare dell’impresa, la responsabilità dei gravi illeciti professionali individuata nel comma 5, lett. c) dovesse essere riferita unicamente al soggetto che partecipa alla gara, dunque alla società e non anche al suo legale rappresentante.
Il Consiglio di Stato ha così negato che la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016 potesse trovare applicazione al caso di specie ed ha accolto il motivo di appello, rilevando che la mancata prova dell’abuso di posizione giuridica soggettiva determina l’impossibilità di applicazione della suddetta causa di esclusione.
Il Giudice di appello ha infatti chiarito che la mancata prova, anche solo per il tramite di indizi presuntivi gravi, precisi e concordanti, dell’intenzionale preordinazione di un assetto societario tale da eludere le vigenti norme in materia di partecipazione a gare pubbliche, ha avuto la conseguenza di non poter considerare la mera identità tra i legali rappresentanti delle due società né gli ulteriori elementi di fatto rilevati dal Giudice di primo grado come abuso di posizione giuridica soggettiva, in quanto condotte formalmente lecite da un punto di vista civilistico. Il giudice ha infine concluso notando che un’eventuale interpretazione contraria non supportata dalla prova dell’oggettiva illegittimità degli obiettivi perseguiti per il tramite di tali condotte, avrebbe determinato una causa di esclusione atipica, inammissibile a norma dall’art. 83, comma 8 del d.lgs. n. 50 del 2016.