CGUE: I limiti normativi del 30% al subappalto e del 20% sul ribasso di prezzo per il subappaltatore sono incompatibili con la normativa europea – Sentenza C-402/2018

La Corte di Giustizia è tornata ad esprimersi in tema del subappalto, riscontrando l’illegittimità della normativa nazionale in materia.
La questione pregiudiziale che ha condotto alla decisione in esame era stata sollevata dal Consiglio di Stato nell’ambito di una controversia in cui era stata impugnata l’aggiudicazione di un appalto per l’affidamento di servizi di pulizia ad un operatore economico che aveva previsto di subappaltare una quota superiore al 30%, peraltro offrendo ai subappaltatori un remunerazione con un ribasso, rispetto ai prezzi di aggiudicazione, maggiore del 20%. Era stata, pertanto, rilevata la violazione dell’articolo 118 del vecchio Codice degli appalti che poneva esplicitamente i richiamati due limiti massimi. Il TAR aveva accolto il ricorso del secondo in graduatoria e la sentenza era stata appellata al Consiglio di Stato, il quale aveva sospeso il giudizio chiedendo alla Corte di Giustizia se i limiti previsti dall’articolo 118 del Codice non fossero contrari alla direttiva 2004/18 allora vigente.
Il governo italiano aveva difeso la presenza di un limite astratto normativamente previsto al subappalto, facendo riferimento all’uso criminoso che spesso si fa in Italia di questo istituto, e la presenza di un limite altrettanto astratto al ribasso della remunerazione del subappaltatore facendo riferimento alla necessità di tutelare un livello salariale minimo per i lavoratori del subappaltatore.
La Corte di giustizia, nella sentenza in commento oltre a censurare ancora una volta la presenza di un limite legale massimo al subappalto, anche in presenza di fenomeni criminosi, i quali possono essere contrastati in modo più efficiente attraverso lo strumento delle verifiche sull’identità dei subappaltatori, ha dichiarato incompatibile con la normativa comunitaria anche il limite massimo del 20% per il ribasso della remunerazione del subappaltatore. L’incompatibilità riguarda la presenza nella norma di un limite astratto che non lascia spazio a determinazioni diverse in base alle esigenze dei casi concreti in relazione ai quali lo strumento più idoneo sarebbe l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e non un tetto rigido che ha l’effetto di rendere meno efficace uno strumento come quello del subappalto la cui finalità è quella di aprire le procedure selettive alla concorrenza più ampia.
Alla luce di quanto esposto, la Corte ha statuito che la direttiva 2004/18 dev’essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che limita al 30% la quota parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi e che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione.